[Victor] Il tradimento ha il sapore del whisky

Victor Waterfall pensava che la musica sarebbe stata più alta, ma quando finalmente oltrepassò i due lunghi castagni – piccole colonne d’Ercole che separavano la radura dal resto del bosco – e sbucò nell’ampio spazio coronato dalla foresta dovette ricredersi.

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[Victor] Tatuaggio

C’era odore di pioggia, quella notte. Victor inalò a pieni polmoni quella fragranza terrena: l’autunno aveva già apparecchiato la sua tovaglia ricamata di foglie e pozzanghere, dando quella tipica impressione di caldo gelido che non gli piaceva tanto; era illusoria ed effimera; era l’estate che lentamente moriva diventando inverno. Il cielo era coperto da una spessa coltre nuvolosa, nera come il pelo di una pantera; al di sopra doveva sicuramente stagliarsi la luna, piccola e pallida, isolata nel suo piccolo universo privato.

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Di vivi e di morti

Era notte inoltrata; una notte seminascosta dall’assenza della luna e tinta di giallo dai pochi lampioni che punteggiavano il centro storico nei punti principali. C’erano molti vicoli bui e umidi, avvolti dal silenzio agghiacciante dei ruderi disabitati.

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Fegato

Sto morendo. No, non sto facendo la vittima. No, non sto subendo nessun decadentismo emotivo. Sto morendo. Sono qui, in questo scomodissimo letto (il materasso sembra la suola di una scarpa) con una flebo infilata nel braccio sinistro. Ho gli occhi chiusi, cerco di respirare profondamente, e di calmarmi; morire spaventa. Morire da soli, poi, è anche faticoso. Già, al mio capezzale non c’è nessuno. Circa dieci minuti fa è passata l’infermiera, a controllarmi, ma ora non c’è nessuno. La mia compagna di stanza, Laura, è stata dimessa stamattina. Mi ha salutato con un sorriso sollevato, e si è voltata. Non la biasimo: gli ospedali ti prosciugano. Altro che guarigione! Io, la mia vita, gliel’ho data tutta, a questa stanza bianco latte. E infatti il mio cuore si è svegliato pigro, stamattina. Non vuole più battere. Ed è faticoso, morire da soli, perché non c’è nessuno che ti incoraggi a farlo: devi fare tutto da sola, e sperare di riuscirci.
Non avrei mai pensato di finire qui. Pensavo che sarei morta nel mio letto, nel sonno, accanto a mio marito. E invece sono qui. Non ho raggiunto la mezza età, e non sono sposata. Non ho nessuno che mi aspetta, a casa. I miei genitori vivono all’altro capo dello Stato. Chissà chi li informerà, che non ci sarò più. Chissà se a loro importerà qualcosa.

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Sheila

Il cielo è come un uomo: un fottuto bastardo, che ti illude di poter raggiungere l’infinito mentre fa il giro per bloccarti il passaggio. Bisogna stare molto attenti con lui: abbassare la guardia fa male al cuore.

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Blue

I lampeggianti blu dell’ambulanza rimbalzano nel nero marzolino. Non riesci a sentire nulla: solo un debole fischio, e l’asfalto sotto di te che vibra con intensità sempre diversa. Anche dentro di te nulla si agita. Sei consapevole dell’aria pungente che colpisce i tuoi occhi spalancati; del bagnato che ti cola giù per la guancia. Ma il tuo cuore è muto: non si pronuncia. Le tue sinapsi rantolano per un secondo: articolano domande su domande, provano un check completo del sistema, ma tu le reprimi.
Ecco, la macchina che si rivolta contro sé stessa!
Le luci blu vengono coperte da due figure che non riesci a mettere a fuoco. Sai che ti toccano, perché avverti varie pressioni ovunque, ma sono lontane.
Tu sai quello che hai fatto, sembra dirti il cielo. Ti lasci sfuggire una sola domanda:

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Quando ancora non si sentivano i tuoni

Il cielo era terso, quel giorno. Erano le porte dell’estate, quando il sole irradia il suo tepore ovunque ma permane comunque la brezza primaverile, fresca e argentea.
Direi che proprio non me l’aspettavo. Mi sei venuto a prendere all’improvviso e siamo scesi al mare. Beh, non proprio al mare. Sul mare.

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